A partire da novembre gli Usa riaprono i confini ai viaggiatori provenienti da 33 Paesi, tra cui l’Italia, eliminando l’obbligo del periodo di quarantena, ma escludendo i vaccinati con AstraZeneca. Una decisione che fa discutere ma che rimanda immediatamente all’analoga posizione dei cittadini di San Marino che, essendosi sottoposti nella quasi totalità (90% delle somministrazioni) al vaccino Sputnik, non dispongono di un Green Pass regolare per il territorio italiano.
Un’anomalia che ad oggi è stata sanata con proroghe all’esenzione dal Green Pass per i cittadini della Repubblica del Titano (l’ultima valida fino al 31 dicembre, decisa in extremis dal Consiglio dei Ministri lo scorso 15 ottobre), ma che richiederà ulteriori passaggi per sciogliere il nodo di tutti i cittadini immunizzati con vaccini non approvati dall’OMS, come lo Sputnik. Ne ha parlato Gianni Rezza, Direttore Generale alla prevenzione del Ministero della Salute: insieme agli altri Paesi europei il Governo italiano sta valutando se procedere con un’ulteriore dose di vaccino o derogare.
Il problema dei vaccini “stranieri” potrebbe insomma diventare un grattacapo non da poco, anche se, restando fermi all’aspetto strettamente scientifico, i dati preliminari sulla copertura dello Sputnik, secondo una ricerca condotta dall’I.S.S. di San Marino in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma, sono molto buoni. Anche Massimo Galli, infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, intervenendo recentemente in un dibattito televisivo ha voluto sottolineare il comportamento della politica sull’affaire San Marino. Galli è tornato sul nodo cruciale dell’importanza degli anticorpi per valutare l’immunità del soggetto, indipendentemente dal vaccino somministrato, proponendo di utilizzare i test sierologici in tutti quei casi che sono ad oggi esclusi dal Green Pass, come appunto accade ai vaccinati con Sputnik.