In un periodo così intenso nella vita delle donne come la gravidanza, quando già si fanno tante domande e si pre-occupano dei loro bambini, il Covid è un argomento che inquieta e fa paura.
Ci sono però considerazioni ed evidenze che indicano che non ci sono motivi per allarmarsi neppure se si contrae il Covid durante la gravidanza.
Cominciamo col dire che la comunità scientifica ha dimostrato che le donne tendono ad ammalarsi meno rispetto agli uomini perché sviluppano una migliore risposta immunitaria.
Presentano anche meno complicanze e, anche nei casi gravi, le guarigioni sono maggiori di quelle degli uomini.
In generale la gravidanza comporta cambiamenti del sistema immunitario che possono anche aumentare il rischio di contrarre infezioni respiratorie virali. Però, a oggi, le donne in gravidanza non sembrano essere a maggior rischio, e le manifestazioni cliniche del COVID-19 sono simili a quelle di tutta la popolazione.
La trasmissione del virus al neonato è possibile, ma è un evento raro. In Italia ci sono vari casi di positività tra i neonati, presumibilmente infettati nel contatto con la madre positiva durante o appena dopo il parto. Questi bambini, però, non hanno presentato sintomi importanti e la loro condizione non desta particolari preoccupazioni.
Sarebbe quindi meglio fare un parto cesareo? La risposta di ostetrici e ginecologi è netta: no.
Così come non c’è nessuna controindicazione alla analgesia epidurale.
La mamma con il Covid deve essere separata dal suo bambino dopo la nascita?
Anche qui la risposta è chiara: mamma e neonato non devono essere separati perché il rischio di trasmissione postnatale è molto basso. Le mamme infette in buone condizioni cliniche possono quindi prendersi cura dei propri bambini.
Vanno rispettate tre semplici regole: usare la mascherina in vicinanza del neonato e durante l’allattamento, lavarsi spesso e bene le mani e tenere lontana la culla dal letto della mamma.
Le donne positive al Covid non devono rinunciare ad allattare al seno il proprio bambino e neppure al contatto pelle a pelle.
Negli studi finora condotti, il virus SARS-CoV-2 non è stato rilevato nel latte materno.
Il rischio connesso all’allattamento è legato soprattutto alle le goccioline del respiro (droplet) e quindi per difendere il neonato basta usare la mascherina.
Comunque, nei rari casi di trasmissione dell’infezione che si sono verificati in Italia, i sintomi nei neonati erano assenti o minimi.
Nei trial di valutazione dei vaccini Pfizer-BioNtech, Moderna e AstraZeneca non sono state incluse donne in gravidanza e allattamento, e quindi non ci sono dati specifici. Il tema però è fra quelli studiati a livello nazionale e internazionale.
In generale le donne presentano una maggiore risposta alle vaccinazioni, ma anche a un incremento del rischio di reazioni avverse. Però gli studi condotti finora non hanno evidenziato effetti avversi in gravidanza.
Comunque, al momento, la vaccinazione per donne in gravidanza e allattamento non è prioritaria e non è raccomandata di routine.
Il Ministero della Sanità spiega che la vaccinazione dovrebbe essere presa in considerazione per le donne in gravidanza che sono ad alto rischio di complicazioni gravi da Covid-19.
La scelta va fatta insieme ai medici e caso per caso, valutando i potenziali rischi e benefici.
Se una donna vaccinata scopre di essere in gravidanza subito dopo la vaccinazione, non deve preoccuparsi, perché non c'è alcuna evidenza che ciò possa essere un problema per il bambino.
Se una donna scopre di essere in gravidanza tra la prima e la seconda dose del vaccino può rimandare la seconda dose dopo la conclusione della gravidanza, salvo se è un “soggetto ad alto rischio”.
Le donne che allattano possono vaccinarsi senza necessità di interrompere l’allattamento.
Come si sa (o si dovrebbe sapere) la depressione post-partum colpisce dal 7 al 12% delle neomamme e si manifesta con tristezza senza motivo, irritabilità, facilità al pianto, sensazione di non essere all’altezza.
È chiaro che la paura del virus e la riduzione dei contatti con gli altri vanno a sommarsi alle difficoltà emotive che possono verificarsi in questa fase della vita.
I medici di ginecologia, ostetricia e pediatria hanno un programma preciso per identificare il rischio ansioso-depressivo e sia gli ospedali che i consultori supportano le donne con incontri individuali o di gruppo, anche tramite piattaforme online e servendosi dell’aiuto di App.
Le informazioni contenute in questo articolo sono tratte dalle seguenti fonti ufficiali:
Ministero della Salute
Istituto superiore di Sanità (ISS)