“Ai miei giovani pazienti con diabete di tipo 1, che hanno un sistema immunitario particolarmente attivo e quindi potenzialmente soggetti a un maggior rischio di eventi avversi da vaccino, raccomando: fate il test sierologico prima di sottoporvi alla vaccinazione. Se avete già sviluppato gli anticorpi a seguito di un’infezione completamente asintomatica, il vostro organismo è già “sufficientemente addestrato” a rispondere al virus.
Il Dr. Eugenio De Feo, diabetologo, ex Direttore dell’Unità Operativa di Diabetologia al Cardarelli di Napoli, non ha dubbi: nella fase “calda” della campagna vaccinale, i test sierologici rappresentano uno strumento efficacissimo per orientare al meglio le proprie scelte, soprattutto per i pazienti che abbiano già sviluppato gli anticorpi contro Sars-CoV-2. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Professor De Feo, l’utilizzo del test sierologico non sempre è chiaro a tutti: ci può spiegare come e in quali occasioni si può, o si deve, ricorrere ad esso?
All’inizio della pandemia il test sierologico è stato utilizzato ampiamente come screening, per valutare la presenza di Immunoglobuline (soprattutto IgM), indicatrici di un contatto recente con il virus e quindi di una probabile positività o infezione ancora in corso. L’introduzione dei test molecolari e poi quella massiccia degli antigenici ne ha visto ridurre l’uso. Con i vaccini i test sierologici diventano nuovamente uno strumento di fondamentale importanza per vedere se l’organismo abbia prodotto le Immunoglobuline (le IgG in questo caso) contro la proteina Spike del virus, quella che ne consente la penetrazione nei tessuti e, dunque, la riproduzione.
Ci sono categorie di persone che, a suo avviso, dovrebbero senz’altro ricorrere al test sierologico, sia per valutare se il vaccino abbia fatto effetto sia per orientare la propria scelta in merito al vaccino stesso?
Per la prima categoria, senza dubbio tutte le persone con immunodeficienze causate da fattori genetici o da patologie o terapie in corso, penso a tutte quelle che possono deprimere il sistema immunitario, come le chemioterapie, i cortisonici o le sostanze immunodeprimenti: si tratta di soggetti più esposti al rischio di non sviluppare un’adeguata risposta anticorpale dopo il vaccino. Anche ai miei giovani pazienti con diabete di tipo 1 raccomando il sierologico, questa volta prima del vaccino: i ragazzi affetti da questa patologia possono infatti correre il rischio di effetti avversi non desiderati, poiché il loro sistema immunitario è particolarmente reattivo. Una raccomandazione che può essere estesa a tutti i ragazzi, che magari hanno contratto il virus in forma totalmente asintomatica e potrebbero già essere naturalmente immunizzati, valutando dunque di rimandare la decisione di vaccinarsi.
C’è molta confusione sulla vaccinazione eterologa, o “cocktail” vaccinale a seguito delle nuove disposizioni sull’utilizzo del siero AstraZeneca solo per la popolazione over 60. Il professor Galli ha recentemente dichiarato in un’intervista che potrebbe essere sufficiente una sola dose di AZ per ottenere un’immunizzazione. È d’accordo?
Vede, il nostro organismo è una macchina perfetta: nel momento in cui sviluppa anticorpi a partire da un contatto, per contagio o indotto dal vaccino, con l’antigene, da quel momento ne conserva memoria, e riattiverà la produzione di anticorpi ogniqualvolta dovesse venire a contatto con il virus, per diversi mesi. Stiamo vedendo oggi che i primi contagiati dal virus hanno ancora un livello più o meno alto di anticorpi, tanto che vengono ridefiniti i termini del richiamo, siamo passati da 3 a 8, 9 mesi, probabilmente si arriverà ad un richiamo all’anno. Teoricamente dunque sì, una volta prodotti gli anticorpi ci garantiamo una resistenza contro le forme gravi della malattia. Il sierologico ci aiuta appunto a verificare il funzionamento, per così dire, di quella memoria, che garantisce al singolo una certa protezione contro gli esiti gravi o letali della malattia. La seconda dose però garantisce una copertura maggiore e più persistente, come accade per tutti i vaccini: sembra infatti che un 50% di persone non si immunizzi con una sola dose, e il richiamo è utile ad arrivare a una copertura molto più alta. Per questo, ancora una volta, il sierologico è utile per verificare se ho prodotto anticorpi. In merito alla demonizzazione di una seconda dose del vaccino Astra Zeneca c’è da dire che le segnalazioni avverse sono nella quasi totalità dei casi legate alla prima dose, mentre sono scarsissime le segnalazioni sulla seconda, in questo senso non avrei timori; la stessa cosa non si può dire per i vaccini Pfizer e Moderna per i quali sono segnalati eventi avversi in egual misura per la prima e la seconda dose.
Crede che possa essere una strategia vincente, da parte di Governo e Regioni, quella di utilizzare più massicciamente i sierologici per valutare l’opportunità del richiamo, o i tempi del medesimo, per uscire dall’impasse attuale?
Sarebbe bello, ma l’iniziativa sarebbe molto costosa e logisticamente molto complessa: vedo che comunque molte persone sempre di più si sottopongono di propria iniziativa al sierologico. Potrebbe essere interessante replicare sui giovani il test a campione che fu effettuato lo scorso anno, da cui si evinse che c’era una discreta percentuale di popolazione, soprattutto giovane, che aveva sviluppato gli anticorpi senza mai aver saputo di essere stato positivo. Se lo Stato si assumesse nuovamente l’onere di questa indagine, relativamente alla popolazione giovanile, coprendo i costi o proponendo test a prezzi agevolati, potrebbe essere utile a ridefinire la strategia vaccinale, indirizzando i vaccini alla popolazione restante per ottenere una copertura quanto più ampia possibile.
Secondo lei a chi deve rivolgersi il singolo cittadino per avere indicazioni chiare?
Il medico di base rimane ovviamente il primo interlocutore, così come le Usca che sono state attivate per rispondere all’emergenza sul territorio. Mi rendo conto però che esistono disparità da Regione a Regione, e che la mole immensa di richieste cui devono fare fronte non sempre consente loro di rispondere a tutte le esigenze di chiarimento da parte dei cittadini. Aggiungo anche che non è facile orientarsi tra le varie opinioni che ogni giorno ci raggiungono, d’altra parte ci troviamo di fronte a un evento del tutto nuovo: quello che possiamo fare noi medici è fare appello alle conoscenze della normale fisiologia del nostro sistema immunitario, e applicarle per quanto possibile anche a questo virus.
Molti giovani si stanno sottoponendo in questi giorni al vaccino: c’è qualcosa che vuole raccomandare loro o ai loro genitori prima di procedere?
Raccomando il sierologico, soprattutto ai giovani con diabete di tipo 1, ma come dicevo sopra, io suggerirei anche a tutti gli altri giovani perché senza dubbio il virus è circolato in maniera asintomatica molto più di quanto non ci dicano i numeri ufficiali. Poi credo che ognuno debba agire secondo la propria coscienza: estendere la vaccinazione ai giovani diventa importante per quel che riguarda la dimensione epidemiologica, perché se la mia memoria anticorpale è labile posso diventare vettore del virus e permetterne la circolazione, aprendo la strada a possibili mutazioni. Per questo si consiglia la vaccinazione anche delle categorie più giovani, che non hanno conseguenze gravi per il virus ma che possono essere, come tutti, vettori dello stesso.