I bambini sono poco colpiti dal Covid, hanno sintomi lievi e sono meno contagiosi. Ma per avere una protezione maggiore c’è bisogno di più vaccinati fra adolescenti e adulti.
I bambini sono meno colpiti dal Covid e quando sono contagiati sono per lo più asintomatici o hanno sintomi leggeri. Gli scienziati stanno cercando di capire perché.
Un’ipotesi parte dal presupposto che nei bambini la causa più frequente di raffreddore sono i Coronavirus. È possibile quindi che la risposta immunitaria a infezioni da Coronavirus aiuti i bambini a difendersi meglio anche dal nuovo Coronavirus, il Sars-CoV-2. Inoltre, il sistema immunitario dei bambini potrebbe rispondere meglio all'infezione perché più reattivo.
I contagi rilevati nell’età pediatrica (0-14 anni) sono pochi. Lo studio “Medicina di genere e Covid-19”, pubblicato nel luglio 2020, evidenziava che in Italia, i casi positivi sotto i 18 anni erano stati l'1% e che non erano stati registrati decessi prima dei 29 anni.
I sintomi tipici dei bambini che hanno preso il Covid sono febbre bassa, raffreddore e tosse, eritema faringeo, battito cardiaco e respirazione accelerati; meno frequenti naso che cola, diarrea, vomito e affaticamento.
Nei casi seguiti, quando si è manifestata una polmonite unilaterale o bilaterale, ha avuto forma lieve: solo nel 4% dei casi è stato necessario il ricovero in terapia intensiva e non ci sono stati decessi.
In un’intervista del 4 luglio 2021, il presidente dei pediatri tedeschi Jörg Dötsch ha dichiarato che durante la pandemia, in Germania, fra bambini e adolescenti ci sono stati 4 morti a causa del COVID-19, mentre per l’influenza del 2019 i morti erano stati 9. Inoltre, le cifre dei ricoveri sono significativamente inferiori a quelli dell’ondata di influenza stagionale.
Uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Pediatrics, ha anche dimostrato che nei bambini contagiati, gli anticorpi rimangono in circolo più a lungo. Otto mesi dopo l’infezione, i bambini rispetto ai genitori hanno un numero 7-8 volte più alto di anticorpi neutralizzanti, quelli capaci di bloccare il coronavirus e di proteggere da un nuovo contagio. Inoltre, mentre il livello di questi anticorpi negli adulti tende a calare con il tempo, nei più piccoli è rimasto costante, aumentando addirittura nei bambini al di sotto dei 3 anni.
Va sfatata la voce per cui i bambini sono più contagiosi degli adulti.
Una ricerca canadese realizzata da un team del Cadham Provincial Laboratory-Manitoba Health, ha dimostrato che i bambini sono meno contagiosi. E questo vuol dire – come ha dichiarato il professor Bullard - responsabile della ricerca - che “se i bambini più piccoli sono meno capaci di trasmettere il virus infettivo, gli asili nido, le scuole in presenza e le attività extrascolastiche non a rischio possono continuare in sicurezza, con le precauzioni appropriate e con un rischio inferiore rispetto a quello precedentemente stimato per il personale che si occupa di assistenza all'infanzia, gli educatori e il personale di supporto”.
Non ci sono dati per dire che i bambini sono più soggetti alla variante Delta, se non per il fatto che sono più esposti perché non vaccinati. L’unica cosa da fare, contro questa e altre varianti che arriveranno, è vaccinare gli adolescenti e tutti gli adulti vaccinabili. In questo modo il rischio che i più piccoli siano contagiati si riduce.
Le autorità competenti hanno attualmente autorizzato un solo vaccino per adolescenti fra i 12 e i 15 anni. Sui bambini più piccoli ricerche e dibattiti sono ancora aperti. Molti scienziati ritengono che non sia necessario vaccinare i bambini perché i pochi che si ammalano non hanno esiti tali da giustificare i rischi, anche se minimi, dei vaccini.
Mentre vanno assolutamente fatte le normali vaccinazioni obbligatorie - diminuite durante la pandemia - ed è raccomandato che in autunno i bambini sotto i 6 anni si vaccinino contro l’influenza stagionale, malattia che può sovrapporsi o confondersi con Covid-19.
I bambini vanno incoraggiati al rispetto delle norme di igiene e prevenzione, come non portare le mani in bocca, non stropicciarsi gli occhi e lavare frequentemente e accuratamente le mani.
Le mascherine non sono obbligatorie per i bambini al di sotto dei 6 anni e per i bambini con forme di disabilità non compatibili con l'uso continuativo della mascherina.
Sopra i 6 anni e nelle situazioni a rischio, come luoghi chiusi e molto affollati, la mascherina rimane la migliore protezione. Le notizie che si sono diffuse in rete sui rischi delle mascherine per i bambini sono assolutamente false.
L’emergenza COVID-19 ha cambiato le abitudini delle famiglie, che con le scuole chiuse, hanno avuto più tempo per stare insieme. La pagina ISS sull’alimentazione dei bambini, evidenzia in particolare come la maggiore regolarità dei ritmi giornalieri, abbia contribuito a produrre abitudini alimentari più corrette, con positive conseguenze sul benessere psico-fisico dei bambini.
L’isolamento a casa ha però anche generato problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% di bambini sotto i 6 anni e nel 71% di quelli di età maggiore di 6 anni (fino a 18). È quanto emerge da un’indagine dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. Tra i disturbi più frequentemente evidenziati vi sono: l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia.
Oggi più che mai, i bambini e i ragazzi hanno bisogno di fare attività fisica. Anche semplici movimenti - come camminare, andare in bicicletta, ballare, giocare, essere coinvolti nei lavori di casa - aiutano a scaricare le tensioni e a ridurre agitazione e conflittualità.
Per i bambini e gli adolescenti è vitale poter giocare e relazionarsi con gli amici, ma per tutelare la loro salute c’è ancora bisogno di prestare attenzione nei locali chiusi e affollati.
All’aperto, specialmente in estate, i pericoli di contagio sono molto minori. Una ricerca irlandese ha dimostrato che da inizio pandemia fino al 24 marzo 2021, sono stati registrati 232.164 casi di Covid-19, ma soltanto 262 erano da imputare al contagio avvenuto all'aperto, ossia solo lo 0,1% del totale.
Un’altra ricerca svolta dall’Università di Canterbury ha portato il professor Mike Weed a dichiarare che la trasmissione all'aperto è “così limitata da essere statisticamente insignificante”.
Certo, ci sono voci autorevoli che raccomandano cautela anche all’aperto, dato che il rischio zero non esiste, e vanno naturalmente considerate condizioni e patologie pre-esistenti che rendono più vulnerabili, ma si può concludere che i bambini, fra loro, all’aperto possono giocare con sufficiente tranquillità.
Il pericolo per i bambini arriva soprattutto dai “grandi” e spesso in famiglia. Sono quindi gli adolescenti e gli adulti a dover proteggere i bambini vaccinandosi e controllando le proprie condizioni di salute, anche attraverso i test.
I bambini potranno riprendere una vita veramente normale quando si verificheranno due condizioni: la riduzione della circolazione del virus e l’aumento delle persone completamente vaccinate. L’immunità di gregge va costruita per proteggere prima di tutto i bambini e le persone fragili che non possono al momento vaccinarsi.
A chi ancora si sottrae alla vaccinazione, verrebbe da dire: se non per te, fallo per i bambini. La realtà è semplice: ognuno è responsabile per ciò che gli succede e per ciò che provoca agli altri. Come scriveva John Donne: “nessun uomo è un’isola”.